Barbagallo, dialogo sulla memoria filosofica

di Vitaliano Corbi

Con le iniziative di Movimento Aperto l'arte esce dai binari del mercato su cui "normalmente" viaggia e riscopre la sua vocazione a riflettere sulle cose che "normalmente" ci sfuggono. E' nato così il dialogo tra Antonio Barbagallo e Italo Nobile, che nel testo in catalogo ragiona sul tema della scrittura, ricorrendo all'aiuto - come egli dice - non solo della memoria filosofica, ma anche dell'immaginazione figurativa. L'artista, da parte sua, negli ultimi lavori, impastati di terre, resine e pigmenti, richiama i segni e gli alfabeti e li affonda nel tempo irragiungibile dell'origine e dell'attesa, li sorprende nel momento del loro sorgere dal corpo della terra e insieme del loro ritornarvi, nuovamente cose tra le cose. Un alone di mistero circonda i segni di Barbagallo. Imprigionati nello spessore della materia, essi hanno una grande capacità di "evocazione visionaria", poichè guadagna in potenza espressiva quel che cedono in trasparenza.

da "La Repubblica" del 7 marzo 2004

 

 

Antonio Barbagallo e "la misura dell'anima": quando l'arte sposa la filosofia e la linguistica

di Anita Pepe

Un lavoro sulla comunicazione e sull'evoluzione della lingua, in relazione all'epoca e alla destinazione d'uso. E' questo l'intento de "la misura dell'anima", la personale di Antonio Barbagallo, aperta presso l'associazione "Movimento Aperto". Una mostra che, riflettendo le molteplici curiosità dell'artista, assembla approcci di tipo filosofico, linguistico ed archeologico, per approdare ad una visione periscopica del tema, indagando il passaggio dal pittogramma al fonema attraverso la progressiva stilizzazione dei segni: un itinerario che va dall'antichissima scrittura cuneiforme fino ai nostri codici magnetici, passando per i geroglifici e le testine della macchina da scrivere, aprendo finestre su civiltà remote e paesi lontani, come Cina e Palestina. Perchè Barbagallo ama definirsi "un artista della contemporaneità che si confronta col passato" e, senza piccarsi di essere un paleografo o un filologo, tratta l'argomento con competenza e vivacità intellettuale, riconoscendo come determinante l'apporto "iniziatico" di Italo Nobile. Proprio dal tandem con lo studioso è nata l'idea di un ciclo di conferenze, destinate ad animare, con il contributo dei critici Vitaliano Corbi e Dario Giugliano, i mercoledì della MA: dopo il primo incontro il calendario prevede: "Segno e disegno", "Lettere commerciali" e "Ritornare all'abbiccì".

Ad accogliere il visitatore, un assaggio di un ambizioso progetto tuttora in corso d'opera: la storia delle ventidue lettere (al momento ne ha ultimate quindici) fondata sulla comparazione tra vari alfabeti perchè - asserisce il pittore - "le tabelle obbediscono alla nostra necessità di compattare le cose per comprenderle meglio". Un intento pienamente sviluppato nel lavoro centrale di "Scripta manent", trittico composto da grandi tavole spalmate di terre e resine che danno una superficie argillosa e accidentata, colorata con pigmenti d'oro, di bronzo o di rame dalle lumeggiature metalliche, esaltate dal fondo invariabilmente scuro. Perno della suddetta trilogia è, come detto, il prospetto sinottico con 42 alfabeti, affiancato da due pannelli laterali suggestionati dall'Oriente: a destra, una didascalia in sanscrito per la grossa sfera dai riflessi perlacei e caldi, emblema cosmico evocativo della preziosità orientale; a sinistra, la mano, luogo di divinazione, il cui atteggiamento ieratico ed elegante ricorda quello di un idolo asiatico: richiamo che non nasconde un elemento esoterico, naturale per un artista che nel 2000, sempre alla MA, tenne una personale sul quadrato magico palindromo "Rotas opera tenet arepo sator".   

Da "Il Roma" del 13 marzo 2004

 

 

Le viscere dei sogni di Barbagallo

di Marco Grimaldi

L'arte di Antonio Barbagallo penetra nelle viscere dei segni. La resina, la terra, le fibre vegetali; l'oro, il bronzo, il rame: la scelta dei materiali dà la cifra della "naturalità" di queste opere. Con la perizia e il rigore di un amanuense, l'artista stabilisce un contatto denso, palpabile con le immagini dipinte: le scritture riprodotte emergono dalle caverne del mondo, dai rami, dalle piante. Le agili, precise linee degli alfabeti superano, e non negano, la grave ambiguità della materia. la mostra, svoltasi presso l'associazione culturale "MA - Movimento Aperto" di Ilia Tufano, nasce dall'idea che le origini pittoriche del linguaggio possano essere compiutamente descritte solamente da opere figurative. Il segno scritto, infatti, non coincide con il fonema: è prima e al di là del suono, è immagine, rappresentazione, forma. Gli uomini che per primi hanno tracciato dei segni sulla pietra, erigevano barriere contro la natura, instauravano un rapporto magico tra gli elementi ostili e le arbitrarie forme: Barbagallo, edotto dagli studi di Italo Nobile, restituisce alla scrittura il potere di evocare le fonti e di salvare dalla morte le tracce dell'umano. Ma, come un alchemico faustiano, mescola alla magia la scienza. La tavola sinottica con 42 alfabeti, parte centrale del trittico "Scripta manent", è un compendio visionario e descrizione insieme della genesi delle lettere da immagini primordiali: l'alfa, ad esempio, attraverso i secoli e attraverso le culture, discenderebbe, capovolgendosi, dal toro. La grande mano, simbolo della magia e della scrittura, mezzo dello stregone e dello scriba, è ferma e severa come un totem. Ed il progetto (non ancora concluso) di delineare la storia delle lettere, comparando i vari alfabeti, conduce alla creazione di veri e propri "quadrati magici", strumenti silenziosi ed esoterici. Primato, dunque, della scrittura sulla voce, come ha sottolineato (rifacendosi, probabilmente, ad alcune suggestioni di Derrida) Italo Nobile, che ha tenuto nel medesimo spazio un ciclo di conferenze sui temi del segno, del disegno, delle "lettere" e della filosofia, offrendo agli astanti una precisa descrizione dello studio teorico che ha provocato la "parafrasi" artistica di Antonio Barbagallo. "Ripercorrere le volute e le cesure storiche della scrittura è allora una forma laica di preghiera. Un modo cioè di raccogliere ciò che rimane e, con la pazienza di uno stagnino o di un sarto, mettere le toppe alle crepe del tempo" scrive Nobile. A noi pare che il maggior merito di questo sodalizio risieda nell'elogio della scrittura come arte: assediata dai computer, la scrittura ha perduto ogni contatto con il bello, con il mondo. Quale lo scriba che oggi, in occidente, possa vivere soltanto per il minio e per lo stilo?

Da "Napolipiù" del 4 aprile 2004

 

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