Le viscere dei sogni di Barbagallo
di Marco Grimaldi
L'arte di Antonio Barbagallo penetra nelle viscere dei segni. La resina, la terra, le fibre vegetali; l'oro, il bronzo, il rame: la scelta dei materiali dà la cifra della "naturalità" di queste opere. Con la perizia e il rigore di un amanuense, l'artista stabilisce un contatto denso, palpabile con le immagini dipinte: le scritture riprodotte emergono dalle caverne del mondo, dai rami, dalle piante. Le agili, precise linee degli alfabeti superano, e non negano, la grave ambiguità della materia. la mostra, svoltasi presso l'associazione culturale "MA - Movimento Aperto" di Ilia Tufano, nasce dall'idea che le origini pittoriche del linguaggio possano essere compiutamente descritte solamente da opere figurative. Il segno scritto, infatti, non coincide con il fonema: è prima e al di là del suono, è immagine, rappresentazione, forma. Gli uomini che per primi hanno tracciato dei segni sulla pietra, erigevano barriere contro la natura, instauravano un rapporto magico tra gli elementi ostili e le arbitrarie forme: Barbagallo, edotto dagli studi di Italo Nobile, restituisce alla scrittura il potere di evocare le fonti e di salvare dalla morte le tracce dell'umano. Ma, come un alchemico faustiano, mescola alla magia la scienza. La tavola sinottica con 42 alfabeti, parte centrale del trittico "Scripta manent", è un compendio visionario e descrizione insieme della genesi delle lettere da immagini primordiali: l'alfa, ad esempio, attraverso i secoli e attraverso le culture, discenderebbe, capovolgendosi, dal toro. La grande mano, simbolo della magia e della scrittura, mezzo dello stregone e dello scriba, è ferma e severa come un totem. Ed il progetto (non ancora concluso) di delineare la storia delle lettere, comparando i vari alfabeti, conduce alla creazione di veri e propri "quadrati magici", strumenti silenziosi ed esoterici. Primato, dunque, della scrittura sulla voce, come ha sottolineato (rifacendosi, probabilmente, ad alcune suggestioni di Derrida) Italo Nobile, che ha tenuto nel medesimo spazio un ciclo di conferenze sui temi del segno, del disegno, delle "lettere" e della filosofia, offrendo agli astanti una precisa descrizione dello studio teorico che ha provocato la "parafrasi" artistica di Antonio Barbagallo. "Ripercorrere le volute e le cesure storiche della scrittura è allora una forma laica di preghiera. Un modo cioè di raccogliere ciò che rimane e, con la pazienza di uno stagnino o di un sarto, mettere le toppe alle crepe del tempo" scrive Nobile. A noi pare che il maggior merito di questo sodalizio risieda nell'elogio della scrittura come arte: assediata dai computer, la scrittura ha perduto ogni contatto con il bello, con il mondo. Quale lo scriba che oggi, in occidente, possa vivere soltanto per il minio e per lo stilo?
Da "Napolipiù" del 4 aprile 2004